Sono profondamente orgoglioso e grato di condividere alcune riflessioni legate alla Giornata del Laureato, un momento speciale in cui ho avuto l’onore di ricevere il titolo di Laureato dell’anno. Ringrazio il magnifico rettore dell’Università di Macerata John Mc Court e la professoressa Daniela Gasparrini, presidente dell’Associazione laureati ateneo maceratese, per aver pensato a me onorandomi con questo premio. Un saluto a tutti gli studenti presenti e passati, a quelli che oggi completano il loro percorso di studi, a chi lo ha fatto 25 anni e 50 anni fa ed ora festeggia le “nozze d’argento e d’oro” con la corona d’alloro.
Alla città di Macerata e alle terre maceratesi mi legano tante cose. Ricordi, contatti, amicizie, progetti, ieri come oggi.
Qui ho studiato giurisprudenza. Il mio percorso, di formazione e di vita, credo sia simile a quello di migliaia di ragazzi che hanno attraversato le aule dell’ateneo. La curiosità di affrontare un nuovo capitolo della vita, l’entusiasmo di scoprire un mondo nuovo, di indipendenza e gestione autonoma della quotidianità lontano dalla casa familiare. Il divertimento, la convivialità, lo studio che, come capita a questa età, può passare per qualche tempo in secondo piano, fino a trovare un giusto equilibrio e portare avanti con profitto il percorso universitario.
Qui ho sviluppato l’abitudine e la passione per il confronto, lo scambio di idee, con altri studenti, con gli insegnanti, che tanto ha significato poi nel mio percorso professionale, da avvocato e da amministratore pubblico.
Qui mi sono laureato con lode, prima di affrontare la specializzazione in diritto civile all’Università di Camerino. Ancora Macerata mi ha visto muovere i primi passi come Giudice onorario del tribunale. Il maceratese è anche la terra in cui trascorro buona parte della mia vita familiare. Mia moglie e io abbiamo casa a Pollenza e mi divido tra questa cittadina e le mie radici, a Porto San Giorgio.
Consentitemi di aprire una breve parentesi su ciò che faccio ora, oltre all’attività forense che è la mia professione abituale: il ruolo di presidente della Fondazione Marche Cultura. “Life is what happens to you While you’re busy making other plans” cantava John Lennon in Beautiful boy, “La vita è ciò che ti accade mentre sei occupato a fare altri piani”. A me è capitato in effetti questo, mentre portavo avanti il mio studio legale ho ricevuto l’opportunità di guidare questa fondazione che negli ultimi due anni ha occupato molto del mio tempo, ma è stata soprattutto opportunità di incontri, esperienze, conoscenze in un mondo straordinario e vario come quello delle arti e della valorizzazione culturale.
In questo senso, con l’Università di Macerata abbiamo sviluppato, in appena un biennio, tante iniziative e progettualità. Un accordo quadro sulla valorizzazione culturale, la partecipazione al festival Humanities, una delle iniziative di maggior pregio di questo ateneo. Il premio nazionale Inclusione 3.0, ricevuto per un progetto di valorizzazione museale curato dalla nostra fondazione, “In viaggio con i guerrieri di Cagli”. E ancora, la partecipazione al talk Social@b, al progetto europeo Archaeodigit di cui Unimc è partner, il progetto formativo CreativaMente, un approfondimento dedicato ai podcast, nell’ambito della valorizzazione di forme innovative di comunicazione digitale.
Recentemente ci siamo trovati con il rettore Mc Court ad accogliere l’attore e regista Edoardo Leo in uno stimolante incontro con gli studenti in occasione dell’uscita del suo ultimo film “Non sono quello che sono”.
Quanti spunti, quante opportunità, quanti stimoli può fornire una comunità educante che funziona, che pensa, che progetta, come è appunto l’università.
Citando William Butler Yeats, il rettore ha aperto la tre giorni di questi graduation days ricordando che “L’istruzione non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”. Un pensiero denso di significato, che esprime in modo efficace quanto diffondere il sapere sia un’esperienza viva. Cultura non è un accumulo di nozioni, ma qualcosa che ha senso se è condiviso, se quel sapere riesce ad essere nutrimento, spunto per guardare con coscienza critica ciò che ci circonda, per ricordarci, per dirla con la celebre poesia di John Donne, che “nessun uomo è un’isola”.
Resto nel campo in cui ci ha portato il rettore, quello di William Yeats, per condividere con questa platea un’altra frase significativa del grande poeta e drammaturgo irlandese. Una frase che a mio avviso è una descrizione esemplare di cosa rappresenti l’università. Yeats scrisse che “Nei sogni comincia la responsabilità”. A primo ascolto può sembrare un controsenso, un ossimoro. Il sogno è qualcosa di impalpabile, di inafferrabile, la responsabilità richiama al senso del dovere, al pragmatismo.
Ebbene, credo che l’università, prima ancora che dare agli studenti una formazione per il loro percorso professionale, insegni proprio questo. A coniugare sogno e responsabilità. A volare alto, ancorando le proprie aspirazioni all’impegno quotidiano, al sacrificio che è il cemento per costruire ogni risultato. A capire che libertà non è star sopra un albero, canterebbe Gaber.
In questi due anni da presidente della Fondazione Marche Cultura ho potuto conoscere più da vicino, anzi da dentro, il mondo del cinema, dato che una corposa sezione del lavoro della fondazione è dedicato alla diffusione del settore audiovisivo, attraverso la Marche Film Commission. Da fuori immaginiamo il cinema come un mondo patinato e irreale. Cosa, più del cinema, è terra del sogno e dell’immaginazione? Ho imparato che ogni film, anche la più straordinaria opera di creatività ed ingegno, si accompagna ad un lavoro faticoso, oscuro, paziente, che non appare sullo schermo, non arriva al pubblico, ma che prepara il terreno affinché un progetto riesca a raggiungere il pubblico e riesca a farlo emozionare.
Ecco perché sogni e responsabilità non sono due concetti così distanti, tutt’altro. La responsabilità maggiore, che lega i laureati di oggi a quelli di 25 o di 50 anni fa, è proprio la responsabilità di ciascuno di noi nei confronti dei nostri sogni, che non hanno un limite di età. Abbiamo la responsabilità e il dovere di non abbandonarli, di non dimenticarli, di non lasciarli stare perché, citando Walt Disney, “se lo puoi sognare, lo puoi fare”!
Foto di Andrea Petinari e Maria Ester Baleani